Tre sono i principali protagonisti del celebre film di Michael Curtis: Rick, Ilsa e Laslo, che sono i componenti del classico triangolo, intorno al quale si sviluppa la trama. Il gelido Laszlo, il marito tradito col quale la moglie Ilse si riunisce sul finale, lasciando l’amatissimo Rick, in mezzo ai vapori dell’aeroporto marocchino, non è altri che lui, Randolfo Pacciardi.Il film Casablanca, pellicola allora in bianco e nero, che, a detta dei critici, più di ogni altro ha colpito la fantasia e l’interesse di milioni di spettatori, si svolge in circostanze che palesemente si intrecciano con le avventure documentate della vita del mitico leader repubblicano. La sceneggiatura si sviluppa nella vicenda di una coppia che, per sfuggire alla cattura nella Francia occupata dai tedeschi, così come avvenne in realtà per Randolfo e Gigina, riesce a raggiungere Casablanca, città marocchina, allora sotto il controllo della francia del governo Petain, tuttavia considerata “aperta”, con la speranza di trovare due salvacondotti utili a raggiungere New York, ossia la libertà. A Casablanca Ilse, magistralmente interpretata dalla Bergam, ritrova casualmente un vecchio amore, Rich ( il bel tenebroso Bogart), con il quale rivive laceranti momenti di alta passione, che riuscirà, però, a reprimere, per seguire il marito cui la Resistenza francese aveva affidato importanti missioni politiche da farsi negli Stati Uniti. La vicenda si svolge nel 1940, e la similitudine con l’esilio dell’eroe antifascista e della moglie è sorprendente, tanto che molte sono le fonti che parlano dell’ispirazione che gli sceneggiatori ebbero, trovandosi con lui ed ascoltandone i racconti durante l’esilio americano. Pacciardi sorrideva, sornione e bonario, vetusto ottuagenario, senza più accanto Luigina, e si perdeva a raccontare come, dopo aver partecipato alla guerra civile spagnola in qualità di comandante della Brigata internazionale antifascista Garibaldi, aveva trovato rifugio in Francia e di come i due coniugi fossero giunti clandestinamente a Casablanca, per sfuggire alla cattura da parte dei tedeschi. La coppia italiana rimase in quella città per circa due mesi, fino a quando riuscirono a trovare due passaporti, naturalmente falsi, l’uno intestato ad un certo Renè Pigot, sposato alla signora Louise Cernè).
Muniti di questi documenti i due partirono per gli Stati Uniti, non con il rombante e grosso aereo del film, ma con il più prosaico e massiccio piroscafo “Serpapinto”, battente bandiera portoghese. I dati storici ci dicono che nel momento in cui Pacciardi e la moglie si imbarcano diretti a New York, il film era già stato deciso e posto in lavorazione da Curtis, così come non risponde al vero l’episodio di Luigina Civinini che incontra un vecchio amore. Molte sono le fonti che asseriscono essere stati i racconti di Pacciardi a determinare alcuni passi della pellicola, e che lo stesso attore americano Paul Henreid abbia cercato di imitare al meglio l’aspetto, gli atteggiamenti, le posture del leader repubblicano. Ecco parola per parola quanto lui stesso dice in relazione a Casablanca; alla domanda se fosse stato lui l’ispiratore della trama del film Pacciardi risponde: “ Certo. A Los Angeles, dove mi trovavo per un giro di conferenze della Mazzini Society, ricevetti una telefonata da Hollywood. Era il regista Michael Curtis, il regista di Casablanca, che mi chiedeva di raggiungerlo sul set per raccontargli qualche episodio e qualche consiglio sulle vicende….”.
Mentre si trovava a New York, incontrando vari personaggi, Pacciardi veniva sollecitato a raccontare episodi della sua vita avventurosa, e lui, fine parlatore quale era, non si lasciava pregare. Un produttore cinematografico che una sera si trovò tra i convitati allo stesso tavolo del nostro rimase affascinato da quei racconti ed il mattino dopo convocò nei suoi Uffici uno sceneggiatore, dandogli l’incarico di scrivere il copione: e fu Casablanca, uno dei maggiori successi cinematografici di ogni tempo. Con lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia, nel 1943, molti sono i fuori usciti antifascisti che rientrano in Patria, ma il governo Badoglio e monarco sabaudo e chi ritorna deve giurare fedeltà alla corona. Palmiro Togliatti lo farà e lascerà l’unione sovietica per meglio organizzare il P.C.I. in patria, così come tanti altri.
La liberazione degli anglo americani, i comitati di liberazione nazionale, la libertà italiana.
Pacciardi rifiuta di prestare quel giuramento e solo quando questa pregiudiziale cadrà, con i Comitati di Liberazione Nazionale che riusciranno ad eludere questo gravoso impegno tornerà in patria, nella tarda primavera del 1944. E’ il 10 Giugno di quel anno quando appare su La Voce Repubblicana il suo primo editoriale, che è anche il primo numero della rinata testata storica del Partito Repubblicano Italiano. Il partito lo elegge segretario politico nel 1946; poco dopo viene eletto Deputato all’Assemblea Costituente. Nel 1947 è nominato vice presidente del consiglio. Successivamente, nel 1948, durante un nuovo governo De Gasperi, Pacciardi assume il Dicastero della Difesa. E’ proclamato parlamentare, nelle file del P.R.I. il 30 aprile 1948; è la prima legislatura della Repubblica Italiana, con termine del mandato il 24 giugno del 1953. Tra i disegni di legge presentati come primo firmatario figurano le norme per l’applicazione dell’ art. 57 del Trattato di pace, contenenti clausole migliorative e più incisive per la ripresa della nostra economia e della nostra capacità di autonomia. Il disegno di legge n. 2128 , divenuto legge con votazioni a grande maggioranza e con scarse modifiche, prevede il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio delle lesioni traumatiche da causa violenta. Questa iniziativa sortirà un benefico effetto per tanti militari e non solo, usciti dalla guerra con problemi di salute che ne causavano problemi di inserimento sociale.
Un altro importante provvedimento in aiuto della truppa è il n. 2292, concernente la concessione di un contributo statale, in aggiunta ai consueti emolumenti, per spese di vestiario agli ufficiali e ai sottufficiali dell’esercito, della marina e dell’aeronautica, inviati all’estero presso le Ambasciate o Corpi Internazioni, di lunga durata. Il d.d.l. n. 2301 prevede una concessione di una indennità una tantum ai sottufficiali, graduati e militari di truppa richiamati o trattenuti, collocati in congedo senza diritto a trattamento di quiescenza. I suoi interventi spaziano tra le esigenze più disparate; dal trattamento economico del personale civile militarizzato di ditte private, alle necessarie modifiche di aggiornamento delle procedure e degli assetti dei Tribunali Militari di Napoli, Palermo, Milano, Verona e Padova. In veste di Ministro egli riesce ad organizzare un esercito con ranghi che avevano patito le catastrofi del Don e della Grecia, i patimenti dei Balcani e le patibolari prigionie tedesche, oltre che le poco lusinghiere esperienze di Salò. Il suo carattere fermo e deciso, coniugato alla sua proverbiale pazienza e bonomia, lo fanno amare dai comandanti e dalla truppa, che riconoscerà in lui un valido organizzatore e un difensore dei diritti di chi portava l’uniforme. Nella legislatura che scaturisce dalle elezioni del 1958 Pacciardi viene ancora rieletto alla Camera dei Deputati, dove assume l’incarico di Presidente della Commissione Difesa. Negli anni seguenti diventa involontario protagonista di spifferi di calunnia, che lo faranno diventare oggetto persino di una indagine, alla fine della quale, esce del tutto scagionato. Di questo si trattava: Pacciardi, come molti tra gli esseri umani, aveva avuto modo di mettere da parte dei soldi e, come si usa in un sistema liberale, si informava su quale poteva essere il modo migliore di investirli. Gli venne consigliato di acquistare terreni sul versante di Fiumicino, che quella zona avrebbe consentito validi investimenti. Così Pacciardi fece e Pacciardi guadagnò, nel ricederli, dopo l’approvazione dei piani per l’aeroporto di Fiumicino. Tutto in perfetta regola, senza violazione di alcuna legge; sebbene ancor oggi i “gendarmi della memoria”, così ben descritti da Giampaolo Pansa, continuino a calunniarlo.
Pacciardi fu indubbiamente tra i primi uomini politici laici e democratici a capire e lottare per mettere in evidenza le mistificazioni del comunismo italiano e mondiale, che aveva abilmente tolto dalle mani dei repubblicani mazziniani italiani e delle social democrazie europee le giuste ed opportune rivendicazioni degli operai, degli agricoltori, delle donne, degli artigiani, dei giovani, per farne un dogma da ottenersi subito, a qualsiasi costo, rivoluzioni e dittature proletarie comprese. Da militare combattente aveva pure capito che l’odio e le vendette non portavano da nessuna parte, per questo volle rendersi protagonista, lui antifascista puro, della calorosa stretta di mano fatta allo sconfitto generale fascista Graziani, incurante di aver così alimentato altro veleno nei suoi confronti, da parte della solita canea marxista. Nei siti curati dai centri sociali asserviti alla cosi detta sinistra radicale italiana ancor oggi si può leggere l’acredine con cui la figura di questo grande politico di rango viene messa alla gogna. Lo si accusa di aver dato disposizioni severe e punitive verso coloro che manifestavano nelle piazze non solo urlando slogans e sfasciando quello su cui riuscivano a mettere le mani, ma inneggiando alla rivolta a mano armata contro i nemici della classe operaia. Secondo costoro la Prefettura e la Questura dovevano starsene buone buone e far fare loro quello che avevano in animo di fare, ed un Ministro della Difesa non doveva difendere lo Stato e le sue leggi. Tanto per far capire come Pacciardi riuscì a farsi accettare da tutto il corpo militare si ritiene utile ricordare un episodio al riguardo. Egli ridiede fiducia ai quadri e ai ranghi militari, anche con valori di etica e sicurezza. Quando un alto ufficiale dello Stato Maggiore, uno tra i più conosciuti esperti di carri armati in Italia, annunziò le dimissioni, egli le respinse ritenendole non motivate e promosse il graduato, gratificandolo. Sono stati in molti i collaboratori, i colleghi e anche tra gli avversari a riconoscere a Randolfo Pacciardi essere stato senza dubbio il più valente e costruttivo Ministro della Difesa della Repubblica Italiana, oltre ad essere uno tra i parlamentari nazionale più piacevolmente ascoltato, alla Camera o ad un comizio, ad una conferenza o piacevolmente attorniato da amici. “Toro Seduto” questo era il nomignolo con cui veniva citato da molti tra i suoi frequentatori e collaboratori. Lui, quando lo venne a sapere, non si rabbuiò, ed accetto quel soprannome con bonomia, avvantaggiandosi delle qualità positive di quel capo tribù, inconsapevole che da lì a poco anche lui sarebbe stato confinato in una “riserva indiana”, per la tenacia delle idee esternate e per l’audacia con cui le difendeva. Se come responsabile del Ministero della Difesa Pacciardi si sentiva appagato, un po’ meno sereno lo è nell’ambito del Partito. La potente Democrazia Cristiana non è più con De Gasperi, che perde la leadership del governo e del partito, nel partito Repubblicano sono entrati gli azionisti con l’aziendalista ed economista Ugo La Malfa.