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Il P.R.I. in Parlamento: Gli uomini, i pensieri, le azioni
Randolfo Pacciardi
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Pacciardi Parte II
Per una nuova Repubblica
Da Madrid a Madrid
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PER UNA NUOVA REPUBBLICA

( Discorso a braccio tenuto da l’on. Pacciardi, leader di U.D.N.R., a Roma in P.zza della Repubblica, lato Esedra, il 17 ottobre 1965)


Cittadini, giovani, romani…………. Italiani!

Poco più di un anno fa in un teatro romano la sorte commise a me l’incarico di lanciare un grido di riscossa. Fu considerata somma audacia perché grande era il fine ma modesta la persona e scarsissimi i mezzi. Non si trattava dell’opposizione ad una formula di governo, non si trattava di rovesciare un ministero, non si trattava di creare un nuovo partito politico da porre candidato alla successione tramite formule equivoche di alternativa nell’altalena del sistema. Si trattava di determinare un vosto movimento di opinione pubblica contro il sistema. Si trattava di ritrovare per l’Italia il filone d’oro della grande tradizione risorgimentale, di dare a questa tradizione un moderno contenuto……. Di Istituzioni libere, ordinate, pulite, di creare un nuovo Stato buttando questa poltiglia informe di confusione di poteri, di disordine e di immoralità, di dare un senso alla democrazia riconoscendo davvero al popolo italiano, il diritto sovrano di essere protagonista della sua storia, di richiamare la gente del lavoro ai sacri doveri, di giustizia sociale, e di riscatto, nell’ambito della nostra grande tradizione nazionale che concilia e lega indissolubilmente la redenzione sociale con la libertà e non come massa o mandria, pedissequamente imitatrice di barbari regimi stranieri e grottescamente in gara con quelli come candidata alla schiavitù. Si trattava di rimettere l’Italia, come Entità civile, l’Italia non più virile e quasi vergognosa di essere entrata in Roma il 20 settembre del 1870, nel consesso delle Nazioni moderne con la sua propria vocazione nazionale, europea e universale quale già si era manifestata quando per molti dei nostri predecessori none ra stata che un sogno in esilio, non….. per riaprire ferite nella coscienza cattolica che oggi consideriamo tutti rimarginate e chiuse, ma nella piena coscienza che l’Italia è l’Italia nella sua piena sovranità e se ne gloria, con Roma, unica… grande sua Capitale.
Si trattava di lanciare un appello ai giovani, irrequieti, scontenti, delusi che nelle suole imparavano il necessario per gli esami e la conformistica obbedienza per vivere, ai giovani, che in questi ultimi anni hanno atteso invano una data, un nome, un fatto che avesse onorato la bandiera nazionale,ai giovani ai quali mai abbiamo dato lo spettacolo del coraggio della baldanza, del carattere, della poesia e del disinteresse, bensì dell’intrigo, della malizia, della simulazione, che intessono in una piatta mediocrità l’equivoco positivismo di ogni giorno. Ai giovani, che si intruppano con il più forte o evadono dallo “schifo” della politica, che poi è evasione dai grandi doveri civili, o si rifugiano in sterili nostalgie; si trattava di lanciare un supremo appello a questi giovani disperati o scettici perché nel vasto ossario della nostra infelice penisola, un ideale nazionale moderno ritrovassero la inspirazione per un pensiero nazionale, un ideale nazionale moderno, un ideale della loro generazione, passata prematuramente attraverso infinite e tragiche esperienze, e al di là delle contingenze dove guazzano oggi, tra piccoli uomini e tristi cose; giovani che riscoprissero la fede nella Patria, nel diritto, nella morale, nella dignità dell’uomo. Nella sovranità dello Stato, nei destini dell’Italia, dell’Europa, dell’Umanità.
A questi giovani ho detto in piena sincerità e purità di spirito che è anacronistico e stolto dividersi ancora in fascisti ed antifascisti, in monarchici e repubblicani, cioè ripetere odi, passioni, tormenti di altre generazioni; che la vita continua e che l’Italia resterebbe inchiodata al passato, ferma, fiacca bugiarda e vuota, se essi rinunziassero a portare il loro contributo fresco, puro, entusiasta, insostituibile, indispensabile al progresso, alla civiltà, alla storia d’Italia. Nessuno di Voi, spero, ha pensato che questa fosse un’impresa facile e con risultati immediati. I profittatori del sistema sono molti e agguerriti. Essi hanno a disposizione la macchina dello Stato, l’innumerevole complesso degli Enti, la pingue foresta del governo e del sottogoverno, un immenso apparato assistenziale, una vastissima rete di interessi e questa forza imponente crea fatalmente un particolare ambiente che irretisce, tenta, corrompe, svirilizza anche le migliori buone volontà. C’è, lo sappiamo, anche una vera opposizione all’interno di questo sistema, un’opposizione che ha senza dubbio la sua forza e la sua utilità ma ha i suoi limiti proprio nel non riconoscere che è sbagliata, non … la democrazia… ma questa… democrazia che non è fondata sul popolo ma sui partiti e fatalmente degenerata in soprastrutture partitocratriche e feudalistiche.
Questi oppositori credono di aver trovato la via più facile, temono ogni movimento nuovo, ogni intervento iconoclastico che disturbi il loro gioco e si condannano ad una fatica di Sisifo, appiattendosi dietro la Costituzione, come il Levito dietro l’arca. La vera e più temibile opposizione è quella del partito comunista che anche esso finge un bugiardo ossequio alla Costituzione e prospera sulla debolezza dello Stato e del governo, con mezzi senza limiti, con addentellati internazionali potentissimi, con irradiazioni e complicità dirette o indirette per compiacenza e per viltà nei gangli più vitali del potere e nel governo stesso. Sapevamo bene che tutte queste forze ci sarebbero state nemiche, che noi avremmo dovuto pestare nel mucchio con disperato coraggio, che qui non vi erano ne titoli ne croci, non ministri, non dirigenti di enti, non posticini nella palude del sottogoverno; da questa parte c’era soltanto una voce senza equivoci, senza sottintesi, senza compromessi, senza paure, per raccogliere il bisogno, lo sdegno, la volontà della Nazione.
Oltre al resto viviamo in una Nazione di lunga storia, in una Nazione che ha visto e vissuto cambiamenti di regime; ha sofferto tante delusioni per cui anche le intenzioni più oneste si infrangono contro la diffidenza e un fondamentale pessimismo, in una Nazione dove il Pantheon raccolse gli dei, poi il re e li vide uscire, con sovrana e popolare indifferenza, come c’erano entrati.
Eppure l’aiuto più grande ci viene ogni giorno dai nostri avversari coi loro intrighi, con la loro mediocrità, con le loro debolezze, con i loro scandali con le loro ruberie, col loro disordine, con la loro incoerenza, col loro trasformismo, con le avventate misure che
Prendono nel campo economico, per cui noi tutti stiamo proprio toccando il fondo dell’abisso e anche un popolo paziente e tollerante come il nostro che però vive malgrado tutto al cospetto di grandi monumenti e di grandi memorie e soffre l’insulto della meschineria e della mediocrità della sua classe dirigente, è ormai pervaso da un irresistibile impulso di rivolta morale.
Dovunque, nelle città, nelle campagne, nel palazzo del ricco o nella caverna dello sfollato il coro della protesta è generale: “ Così non si può andare avanti”.
Illustri personalità della diplomazia, dell’esercito, della scienza, della cultura, del giornalismo, da Rossi Longhi a Cadorna, da Mancinelli a Vinciguerra, da Baronia a Smith, a Alfredo Morea, a Sanfilippo, alle vedove di medaglie d’oro, hanno messo il loro nome e dato il proprio impegno a questa grande battaglia. Dalla cattedra a larghi settori della Magistratura, c’è venuto il conforto della validità delle nostre impostazioni. Ormai è assurto a luogo comune dire che questo Stato è antiquato e inefficiente, che la partitocrazia è caricatura della democrazia, che la Costituzione o non è applicata in istituti essenziali come il referendum, o la regolamentazione di sindacati e partiti politici, o è desueta e anacronistica, oltre che poco conosciuta dai più.
In questa Costituzione democratica c’è un grande assente: il Popolo: Abbiamo sempre imparato che una Repubblica è sinonimo di sovranità popolare.
In questo Paese, così malamente governato, il Popolo non c’è, non dico come sovrano, ma nemmeno come inquilino; C’è un altro grande assente ed è la competenza, in tutti i vertici dello Stato. IL popolo vota ogni tanto per la nomina dei suoi rappresentanti al parlamento ma lo fa sulle liste preparate dalle direzioni dei partiti. Il popolo non elegge il capo dello Stato. Il Capo dello Stato è eletto dal parlamento su candidature presentate dalle direzioni dei partiti.
Le leggi più importanti sono prima discusse e poi concordate dalle direzioni dei partiti, così come il programma di governo. Il programma del governo è concordato dai partiti attraverso le loro direzioni. Le nomine, agli alti e ai piccoli incarichi, sono fatte su indicazione della direzione dei partiti nei posti ministeriali, negli enti statali, nei servizi pubblici, nelle camere di commercio, nelle casse di risparmio, perfino nelle banche. E i partiti hanno una organizzazione gerarchica con consorterie e correnti che si contendono il potere nel partito perché coincide con il potere dello Stato. Questa dittatura occulta dei dirigenti di associazioni private senza alcuna responsabilità, questa consorteria di pochi uomini che concentrano nelle proprie mani tutto il potere all’infuori e al di sopra degli stessi organi di potere previsti dalla Costituzione è ciò che si proclama democrazia italiana nell’anno 1965 dell’era volgare, dell’era volgarissima nella quale viviamo.
E poiché la nostra stessa Costituzione non prevedeva questa inversione di poteri, c’era da domandarsi se questo sia uno Stato di diritto e persino uno Stato Legale. ……
….. tutte le crisi si accumulano nella nostra testa. C’è una crisi istituzionale.
Ormai tutti ne parlano, tutti la denunziano. La denunziano i professori di diritto costituzionale dalla cattedra, la denunziano i più famosi magistrati, persino quelli della Corte Costituzionale, e la denunziano pure anche uomini eminenti di tutti i partiti. In uno stato di diritto non esistono poteri senza responsabilità. Con tutto il rispetto che si deve al capo dello Stato, chiunque sia, vi domando quale è la norma costituzionale che autorizza il Capo dello Stato a fare discorsi in piazza, a condurre in prima persona trattative delicate all’estero. Vi domando quale è la norma costituzionale che autorizza i partiti, non regolamentati da alcuna legge, nonostante la Costituzione lo preveda, ad assumere così apertamente tutto il potere. In Italia non esiste la divisione e l’autonomia dei poteri con funzioni e responsabilità ben delimitate e conosciute. Non esiste precisione di rapporti giuridici fra il Ministro e l’Amministrazione.
Dire queste cose, dirle in piazza, apertamente, coraggiosamente, significa esporsi alla calunnia, significa provocare il terrore nella turba dei profittatori di regime che hanno paura delle trombe. E per ciò non ci fanno parlare, alla radio e alla televisione, periò hanno istituito intorno a noi la congiura del silenzio, in questo tutti concordi, governo e opposizione. E’ troppo comodo rinchiudersi nella propria fortezza di potere e comportarsi come quel buffo personaggio illustrato da un nostro antico novelliere, che si rinchiuse nella propria camera, abbassò tutte le imposte, poi accese una candela e gridò; ho creato la luce. Noi romperemo questa congiura mafiosa delle nuove baronie feudali che questa classe dirigente ha creato in Italia. Noi crediamo alla forza della ragione che è superiore alle sette e agli errori da queste commesse. C’è una crisi politica, specialmente da quando in Italia i partiti politici, senza alcuna affinità, senza ideali e credenze comuni, si sono trovati d’accordo nell’arraffa arraffa nella fattoria che si chiama Stato.
In nulla sono d’accordo. La democrazia cristiana è religiosa, almeno credo, gli altri sono atei. La democrazia cristiana parteggia per la libera impresa, gli altri propendono per le statalizzazioni. Un governo capeggiato da un democratico cristiano ha firmato il Patto Atlantico, gli altri lo vogliono superare e demolire. Allora perché stanno insieme? E’ esatto quello che anche voi pensate: per dividersi il bottino dello Stato feudalistico.
Non ci sono più soldi per rimediare a certe situazioni lacrimevoli dei pensionati, specialmente dei più vecchi. Non ci sono più soldi per le pensioni ai combattenti e per i mutilati, mille volte ufficialmente e bugiardamente promessi. Non ci sono più soldi per gli agenti dell’ordine, esposti senza orario. A lavori estenuanti. Non ci sono più soldi per imbrigliare le acque dei fiumi e torrenti, per impedire che la melma invada gli acquedotti.
Non ci sono più soldi per i problemi della campagna, non ci sono aule e risorse per la Scuola. Non ci sono letti per gli ospedali. Gli amministratori dello Stato saccheggiano gli enti di Previdenza e di Assistenza dove i versamenti degli operai, degli impiegati e dei produttori, fanno qualche volta la fine che si vede nei più ignominiosi processi della storia giudiziaria italiana, con malfattori responsabili di Enti pubblici che speculano sulle rette di bambini ammalati.
C’è una profonda crisi sociale. I lavoratori sono rappresentati da sindacati anche essi asserviti ai partiti che giocano sulla pelle dei contadini, degli operai e degli impiegati in una ginnastica demagogica di settore che non tiene conto ne delle leggi del mercato ne degli interessi generali della collettività, tanto poi i lavoratori pagano loro col costo della vita, con la disoccupazione.
C’è una profonda crisi morale che scendendo dall’alto corrode e distrugge il tessuto sociale della Nazione, come si è visto nella collusione fraudolenta tra enti e partiti.
Forse voi non riuscite a comprendere la tragedia spirituale di uomini come me, che per la repubblica, per noi un sogno… quasi un mito, hanno buttato al vento tutta una vita ed oggi assistono a tale scempio dei loro sogni e delle loro speranze.
Come non continuare a lottare per una repubblica nuova…. una Nuova repubblica.
Su questa delusione, su questo scontento, su questo scempio speculano coloro che, provvisti di mezzi giganteschi, rinforzano continuamente le loro file e si presentano come portatori di nuove civiltà.
Quale civiltà, quella degli uomini inquadrati e disciplinati in uno Stato al servizio dei tiranni di turno che si scambiano il potere in lotte da giungla nel giro, al massimo di trecento persone, senza che non dico il popolo ma persino gli apparati di partito ne sappiano qualche cosa? Quella che vuol liberare il lavoratore dallo sfruttamento del capitale privato, abolendo le classi, ed invece ha creato, con la complicità dei cattolici sociali guidati dal clero compiacente, un capitalismo di Stato mille volte più sfruttatore e tirannico nel quale l’uomo è risotto a una marionetta senz’anima e senza coscienza……..
……… C’è infine una crisi internazione. Crisi nelle istituzioni europee. Era questo il solo ideale valido, nato dalla melmosa e desertica palude del dopoguerra. Il nostro governo si atteggia a primo della classe nell’affermare i principi, ma nell’azione pratica riesce, minimizzando, a ridimensionare le sconfitte o a distorcere fatti concreti.
Il carattere provocatorio anti risorgimentale di questi governi si svela ad ogni manifestazione. Insufficiente nella politica interna, rovinoso nella politica economica, disastroso nella politica internazionale. Portiamo una corona al Milite Ignoto e chiediamogli perdono se noi vivi non abbiamo trovato ancora la forza ed il coraggio di sollevarci da questa putredine.
Poi presentiamo… sull’attenti, ai nostri morti, il volto augusto di una Patria quale essi la sognarono più libera, più ordinata, più bella, più giusta, più morale, più pulita.