Per Giuseppe Mazzini l’opera del Gioia fu degna di meritevole attenzione e di approfondimento; dalle riflessioni di questo illustre letterato di fine settecento prenderanno spunto i primi scritti del maestro del repubblicanesimo, negli articoli del Conciliatore e di altri periodici liberali nella seconda e terza decade ottocentesche. Nel 1834 per la prima volta Giuseppe Mazzini cita Melchiorre Gioia in un articolo apparso sul periodico “ Dell’Unità d’Italia” che sarà riportato poi nell’ultimo articolo dello statuto della “Giovine Italia”: “ La questione (è) se l’Italia, emancipata dal barbaro, debba ordinarsi in lega di repubbliche confederate, o costituirsi repubblica una ed indivisibile. In Italia pochi esaminarono la questione a fondo. Melchiorre Gioia toccò, e non certo esaurì,tutti i punti importanti nella dissertazione, e opinò per sistema unitario”.
Mazzini è la persona a cui il sentimento unitario d’Italia deve il maggior contributo. La madre, Maria Drago, ed il padre Giacomo, medico e professore di anatomia, lo educarono fin da subito ai sani principi etici del laicismo democratico, sulla base dei quali oggi noi possiamo erudirci per la copiosa produzione del prolifico giornalista, editore, politico e sociologo dell’Italia dell’ottocento.
A leggere le sue opere, le tantissime lettere inviate ai tantissimi interlocutori, molti persone influenti ma tantissima gente comune, traspare anche oggi il fascino particolare di quest’uomo, minuto, debole di costituzione, e pur pieno del più sentito ardore umano.
Se pur politicamente sconfitto dalle astuzie del politico Cavour e dalle preponderanti motivazioni della casata Savoia, di Mazzini resta l’immenso patrimonio culturale e storico, considerato dagli studiosi di qualsivoglia tendenza politica, la materia prima dell’unità d’Italia.
Nato a Genova il 22 giugno del 1805, nel 1826 è proclamato dottore in legge. L’anno dopo entra nella Carboneria ed in breve diventa segretario dell’Alta vendita ligure. Scrive articoli per L’indicatore genovese e per L’Indicatore livornese; i suoi articoli provocano la soppressione di questi periodici. Nel 1830 viene arrestato e rinchiuso nella Fortezza di Savona. Nel 1831 si rifugia in Francia, prima a Lione e poi in Corsica. E’ di quell’anno, scritta intorno al mese di aprile, la celebre lettera a Carlo Alberto, resa celebre per la chiusura: “ se no….no!” manifestando le più forti perplessità per il manifestato liberalismo del Savoia.
Con altri esuli italiani, tra i quali Giuditta Sidoli, Celeste Menotti, Angelo Usiglio e Gustavo Modena, fonda la Giovane Italia, definendola Associazione e non setta. Si tratta a dire di tutti gli addetti ai lavori che studiano la politica come fenomeno sociale, del primo partito politico democratico a livello mondiale, l’impostazione della quale costituirà le fondamenta per ogni altro partito politico fino ai nostri giorni, almeno in Europa.
Nel programma della Associazione “ Giovane Italia” gli argomenti fondanti sono: indipendenza, libertà, unità, repubblica, riforma sociale.
Il 1833 è l’anno nel quale gli affiliati a La Giovane Italia tentano azioni utili alle loro intenzioni; molti vengono scoperti e condannati, in alcuni casi entra in azione il plotone di esecuzione. Jacopo Ruffini, medico, si suicida in carcere. Lo stesso Mazzini viene condannato a morte, in contumacia, dal tribunale di Alessandria. Nel 1834 lo stesso Mazzini organizza un tentativo di insurrezione da Ginevra, mentre il neofita Giuseppe Garibaldi ci prova a Genova; anche il futuro Eroe dei due mondi subirà la condanna alla pena capitale, a cui riesce a sottrarsi esiliando. Nell’aprile di quello stesso anno La Giovane Italia, assieme a La Giovane Svizzera, la Giovane Germania e la Giovane Polonia firmano il patto della Giovane Europa, il cui programma prevede una federazione di libere repubbliche, con simbolo una foglia d’edera. Nel 1836 la Svizzera ritira il visto a Mazzini che si rifugia a Londra.
Il 1848 è un anno cruciale per l’unità d’Italia. E’ presente a Milano durante le Cinque Giornate ed a Firenze, dove nel 1849 propugna la fusione della Toscana con la Repubblica Romana, della quale diverrà uno dei Triunviri, membri del governo. La Costituzione della Repubblica romana, scaturita dalla sua penna, legifera con prodigiosa sagacia modernista in materia politica, ecclesiastica, finanziaria, sociale e militare, con uno spirito di democrazia laica moderata tale da costituire oggetto di profondi studi a molti costituzionalisti di varie parti del mondo moderno.
Sotto la pressione delle preponderanti forze armate francesi, dopo il sacrificio di tantissimi giovani caduti per la causa repubblicana, tra i quali il ventenne Goffredo Mameli, la Repubblica Romana soccombe e Mazzini è costretto a lasciare Roma. A Losanna fonda la rivista L’Italia del Popolo, scrive moltissimo e da vita a Il Comitato Italiano, dal quale nascerà successivamente Il Comitato centrale della Democrazia Europea. Nel 1851 è di nuovo a Londra. Nel 1857 la corte di Assise di Genova emette una nuova condanna a morte per Giuseppe Mazzini, che è ancora contumace. Nel 1859 convince Giuseppe Garibaldi ad organizzare quella spedizione nota nei libri si Storia come L’esercito meridionale, meglio conosciuta come Spedizione dei Mille. In un primo momento Mazzini e Garibaldi mirano di arrivare a Roma, per tentarvi ancora una volta l’esperienza repubblicana. Le diplomazie importanti d’Europa si mettono alacremente al lavoro. Prevale dunque la soluzione utile a Casa Savoia, grazie all’abilità politica di Cavour e del suo governo. Il generale Cialdini occupa con le sue truppe le marche e l’Umbria, pronto a contrastare il passo alle Camicie Rosse.
Garibaldi capisce la sproporzione tra il sogno e la realtà e si piega. A Teano, in Campania, la stretta di mano con il Re, farà di lui un icona celebrata ma non più combattiva e del Savoia il primo Re d’Italia, nel 1861.
E’ ancora molto attivo, Giuseppe Mazzini, nel tentativo di veder affermate le sue enunciazioni; disapprova il comportamento di Garibaldi, diventato senatore del Regno il cui percorso finisce nell’isolamento di Caprera, dopo aver constatato ripetutamente numerosi fallimenti nelle sue attività istituzionali, tra le quali è possibile ricordare il progetto dell’inserimento nell’esercito dei suoi garibaldini e le varie proposte sociali ed ambientali, scaturite da quel sentimento nazionalpopolare di cui era il portavoce.
Mazzini organizza tentativi insurrezionali, e, dal 1862 al 1870 aiuta appoggia numerose spedizioni per questo obiettivo. Messina lo elegge in più di un’occasione deputato. Ricasoli non è contrario; ma la spunta tra gli uomini di governo Rattazzi, che vi si oppone fermamente, rendendo vano ogni tentativo in proposito.
Il 13 agosto 1870 Mazzini, arrestato dalla polizia regia a Palermo, è rinchiuso nella fortezza di Gaeta, lo stesso luogo dell’ultima difesa borbonica. In quello stesso anno le truppe italiane, con i bersaglieri del generale La Marmora, occupano Roma. Il 13 ottobre Mazzini è liberato. Transita per Roma, contestando l’unità della Città eterna al regno sabaudo, effettuata con un regio decreto anziché riconoscere la Costituente, democraticamente eletta con suffragio universale nel febbraio del ’49; poco dopo è a Genova, dove sosta a pregare presso la tomba della madre, e subito dopo si reca a Londra. Nella capitale l’amico Giuseppe Petroni cura per lui la redazione dell’ultima fatica giornalistica del Mazzini: è sua la direzione del periodico la Roma del Popolo, con articoli utili a diffondere gli ideali repubblicani, tendenti anche ad unire le varie Società Operaie ed artigiane da poco create in Italia nel prossimo Patto di Fratellanza, organizzazione madre del sindacalismo italiano, che verrà sottoscritto fino al 1892.
Pur stanco ed oltremodo malato, scrive senza posa articoli infuocati, il più celebre dei quali è una dura critica alla nascente Internazionale socialista, palesando le difformità tra il suo pensiero basato sulla cultura, la disciplina e l’istruzione diritto dovere degli operai, delle donne, della gioventù e di tutto il popolo, mettendo in guardia contro le terribili conseguenze di una rivolta di classe, prodromo alla ferocia di una dittatura opprimente.
Nek 1871 è a Lugano, luogo dal clima mite, e la sua salute pare trarne giovamento. Indomito ne approfitta per tornare in Italia. Alla fine dell’anno è a Pisa, ospite della famiglia Rosselli, dove è costretto a soggiornare sotto il falso nome di John Braun, per tenere lontano le autorità di polizia. E’ un segreto di pulcinella. I suoi numerosi seguaci lo vanno a trovare e lo confortano mentre i gendarmi sorvegliano con la massima discrezione. Il 10 marzo del 1872 muore con indosso lo scialle che aveva preso tre anni prima sulla salma di Carlo Cattaneo, del quale aveva sempre rispettato la differente impostazione dell’unità.
Tutta una vita spesa ad ottenere quello che Melchiorre Gioia aveva definito: “ Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia”, ha fatto si che il suo pensiero, religioso, politico, sociale, e persino estetico, sia stato oggetto di numerosi studi in varie parti del mondo civile. Il suo pensiero, manifestato attraverso i numerosi scritti, esercitano una profonda influenza in Inghilterra, in Svizzera, in Polonia in Ungheria, in India.
La casa di Via Lomellini, a Genova, in cui egli nacque, è sede dell’Istituto mazziniano e Museo del Risorgimento; quella in cui morì, a Pisa, è la sede della Domus Mazziniana, conosciutissimo luogo di ricerca per chi ha in animo di approfondire le tematiche del mazzineanesimo.
La Redazione avverte tutti coloro che fossero interessati a visitare il sito della Associazione Mazziniana Italiana, associazione apolitica nata nel 1947, riconosciuta dalle principali organizzazioni istituzionali italiane, la cui sede è a Modigliana ( FC) in Via Giovanni Verità 33, con numerose sezioni sparse in Italia.