Solo nel 1895, con la costituzione del Partito Repubblicano Italiano, il movimento mazziniano assume una posizione concreta in Italia. I dieci anni precedenti, di piena contrapposizione tra il “partito operaio” , possibilista e collaborativo con la monarchia, il parlamento ed il governo, con i quali trovare il modo, senza trascurare mai la piazza e gli scioperi, di far valere sacrosanti diritti, hanno indebolito i repubblicani, che hanno per primo l’obiettivo primario della forma istituzionale, seguito da una necessaria preparazione culturale, utile a formulare diritti, dopo aver adempiuto agli altrettanto importante fronte dei doveri da compiere.
Si deve arrivare al Congresso di Firenze, del 27 e 28 maggio del 1897, del Partito repubblicano Italiano per trovare meglio definite le linee programmatiche e l’organizzazione territoriale; il movimento repubblicano viene articolato in confederazioni regionali, alle quali viene concesso un largo margine di autonomia, di iniziativa e di decisione, per ribadire l’avversione alle gerarchie, alle imposizioni, ai centralismi. Punto fermo resta, votato dalla grande maggioranza dei delegati, la partecipazione attiva alle tornate elettorali istituzionali, mettendo definitivamente da parte l’ardore rivoluzionario, curando con la massima attenzione l’utilizzo dei mezzi utili alla propaganda. La dirigenza del partito dichiara di voler operare non solo limitandosi al miglioramento legislativo in favore degli agricoltori, degli artigiani e degli operai, con particolare riguardo al problema femminile e dei minori, puntando con decisione ad un salutare risveglio della coscienza pubblica e sullo slancio generoso del popolo.
L’istituzione monarchica, secondo gli iscritti al partito repubblicano non è la rappresentante del popolo, ma un organismo di dominio e di prevaricazione; l’accordo per l’esito favorevole dei plebisciti è stato violato, causa l’accentramento dei poteri periferici nelle mani degli uomini di corte, nobili quasi mai all’altezza per la soluzione equa di problemi epocali. Le funzioni più essenziali, quali la diplomazia, l’esercito, le funzioni vitali dell’economia e del sociale sono in mano ai fedelissimi della monarchia; il Senato, la Magistratura, la Polizia e i rappresentanti del clero obbediscono ai suoi ordini o quanto meno indulgono alle sue pressioni. I repubblicani ribadiscono nelle piazze italiane la difficile situazione della gestione del lavoro senza la sicurezza della comprensione da parte degli organi istituzionali a questo preposte, totalmente schierati dalla parte della borghesia imprenditoriale, logicamente monarchica. C’è un problema di uguaglianza e di libertà, e solo attraverso l’emancipazione ottenuta con l’istruzione pubblica le classi meno abbienti acquisteranno il senso della loro partecipazione al bene comune.
Napoleone Colajanni nasce a Castrogiovanni, ( oggi la città di Enna), in Sicilia, nel 1847. Nel 1862 è, con Garibaldi, uno dei principali protagonisti della battaglia dell’Aspromonte, dove, se l’eroe dei due mondi rimase ferito dalle truppe italiane, lui venne fatto prigioniero ed è internato a Palmaria.
Ottenuta la libertà, nel 1866 si arruolò a Genova nei Carabinieri; con quella uniforme partecipò alla battaglia della Bezzecca, in Trentino. Per aver partecipato alla battaglia dell’Agro Pontino ( 1867), per la liberazione di Roma, ottenne una medaglia al valore. Nel 1869 fu di nuovo arrestato, per aver preso parte, lui, studente di medicina, ad una manifestazione sediziosa organizzata dai repubblicani. Prese la laurea in medicina e si recò in America del Sud per esercitarvi quella professione, Ben presto tornò in Italia per dedicarsi allo studio di una nuova disciplina scientifica, la sociologia. Nel 1890 venne per la prima volta eletto deputato in Parlamento. Facilmente divenuto leader nazionale del P.R.I. si distinse per aver portato alla luce alcune questioni nazionali, come lo scandalo della Banca Romana. Fu promotore di indagini parlamentari come l’inchiesta sull’Eritrea del 1891. Si schierò decisamente a favore dell’interventismo, lui, antimilitarista, tenendo ben presente l’esigenza dell’unità d’Italia. Morì nella città dove era nato il 2 settembre 1921.
La Voce Repubblicana, due giorni dopo, pubblicava il suo necrologio: “ La sua vita è tra quelle che rendono incancellabile nella mente dei cittadini che hanno urgente bisogno di rifarsi ad un esempio intemerato”.