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L’Umanesimo
E’ stato in “cotal guisa” denominato da tutti gli studiosi, in ogni ordine e grado, il periodo che va dalla fine del 1100 a tutto il XV secolo dopo Cristo; territorialmente, e geograficamente, circoscritto in tutta la parte d’ Europa sottoposta al papa di Roma e in gran misura dagli eredi capetingi del sacro romano impero d’occidente.
Umanesimo, perché la sacralità delle icone, retaggio della ortodossia bizantina, inizia a venir meno, con l’espressione delle arti, da quel momento fondata sullo studio e l’esperienza, con un numero sempre più elevato di persone, provenienti dai più svariati ceti sociali, dal principe al vassallo, dal servo al possidente, dai membri del clero al figlio dell’artigiano, del militare o del cittadino dei nascenti Comuni, che si avvicinò a praticare le arti, identificate dagli studiosi in due branchie.
Sussistono, invero, le “arti meccaniche” ( sacrali) che sono quelle che consentono l’applicazione dello spirito e dell’intelletto.
E’ fin dagli albori delle memorie storiche che fu dato al termine “arte”, in greco “tekne” il significato del risultato dell’opera dei fabbri, dei falegnami, degli agricoltori e dei muratori, assieme a tutte quelle attività richiedenti tecnica, perizia, manualità operativa, come la scultura e la pittura.
Risale al periodo medioevale la catalogazione di materie come grammatica, retorica e dialettica, come “arti da trivio”, mentre aritmetica, geometria, musica e astronomia, vengono nominate “arti del quadrivio”. Tutte queste materie, soggette all’insegnamento di sapienti maestri, erano chiamate arti liberali.
Le arti meccaniche, o servili, erano quelle, attraverso le quali, l’opera dell’autore scaturisce attraverso l’attività manuale. In sostanza trattatasi delle opere dell’ingegno umano, che richiedevano fatica fisica, più che intelletto.
Fioriscono, sul finire del XIII secolo, botteghe e cantieri, dove maestri provetti insegnano “il mestiere” a giovinetti, dotati e volenterosi di imparare.
Col passare del tempo gli eruditi dell’epoca effettueranno vere e proprie classifiche, determinando così la supremazia di alcune forme di espressione a scapito di altre, distinguendo arti maggiori da arti minori, sino ad arrivare, con la definizione di “ arti belle” a rubricare discipline come la scultura, la pittura, la musica, la poesia, a scapito delle “arti artigianali” meno belle, quali escono dalle botteghe dei fabbri, dei falegnami o dalla cazzuola del muratore.
Di quel tempo i libri scolastici, sui quali generazioni di studenti hanno piegato la schiena, forniscono date e circostanze, accumunate a luoghi e denominazioni, di eventi storici, rilevanti per l’apprendimento, a fine erudizione, delle generazioni future.
Questo trattato rimanda il lettore a quei testi, qualora la curiosità lo spingesse ad indagare più diffusamente sul periodo conosciuto come Umanesimo, che l’intento nostro è quello, non di fare l’ennesima agiografia di persone o di fatti, ormai da secoli tramandati come essenziali ed indispensabili per la cultura, a tutela ed onore di un certo modo di gestire il potere dominante, ma di approfondire, tramite una ricerca onesta ed il più possibile obiettiva, il tema politico dell’Europa moderna, il filo logico da seguire, per arrivare alla compilazione della Carta Costituzionale dell’Europa Unita, non più raffazzonando brani e pezzetti delle epoche predominanti, ne tanto meno mettendo in prima ed in seconda fila quel particolare modo di essere anziché un altro, ma andando a reperire eventi e nominativi, italiani, per il nostro specifico, che alla causa dell’unificazione europea hanno saputo portare motivazioni valide e condivisibili.
Il movimento culturale noto come Umanesimo, dunque, si andò formando, in quegli anni, nel territorio della penisola a sud dell’arco alpino, dalle alture trentine all’isola siciliana, diffondendosi in tutto il continente europeo definito, ad ovest del Danubio fino alle coste atlantiche del Portogallo, fino al mare del Nord, inclusa la penisola scandinava, il territorio danese e le isole di Irlanda e Inghilterra.
Sommariamente, l’abitante di questi territori, esce dal profondo buio del basso medio evo, durante il quale sua unica preoccupazione era stata solo quella di sopravvivere, privo delle più elementari ambizioni e delle più semplici tra le curiosità; era transitato attraverso il percorso della vita terrena, vivendola in preghiera e mansuetudine, alimentando la speranza promessa di una vita migliore nell’aldilà.
La cultura greca e quella latina non erano state dimenticate; il retaggio di poche ed illuminate persone, moltissime delle quali vestivano l’abito sacerdotale. Quelle testimonianze di vita alimentavano il nascente riscatto delle popolazioni europee.
In Italia, soprattutto, lo sviluppo economico commerciale di città come Firenze, Venezia, Palermo, Bologna, Pisa, Genova e Napoli aveva favorito il processo di arricchimento, non solo finanziario, ma anche della cultura.
Anche nelle corti di re e imperatori si avvertiva il bisogno di ritrovare, attraverso Platone e Aristotele, Orazio ed Ovidio, le radici laiche. Persino qualche papa aveva favorito in tal senso studi e ricerche.
In lotta fra loro per la gestione del potere temporale, papi, re e comuni, tra uno spargimento di sangue ed una conquista, tra la perdita del potere ed un esilio, inconsciamente seguivano l’evolversi di un comune destino.
Nascevano, e si consolidavano, nuovi fenomeni sociali. Venivano a sorgere nuove esigenze e le domande, a cui si iniziavano a trovare risposte, erano classiche: “Chi siamo?”, “Da dove veniamo?”, “Dove vogliamo e dobbiamo andare?”.
Sul piano politico emergono nuovi soggetti ( capitani del popolo, magistrati, bargelli), su quello economico nuove professioni ( navigatori, banchieri); la religione cattolica avverte salutari modifiche comportamentali e di potere, come la conversione di Francesco d’Assisi.
“Humanitas” e “Divinitas” sono le primissime distinzioni, che all’epoca non potevano certo essere codificate ( ciò avverrà molto più tardi, almeno intorno al XIX secolo). Le due branchie saranno ancor meglio specifiche nell’Italia centrale ed in Firenze, con la nascita delle due fazioni storiche dei guelfi e dei ghibellini.
Secondo una testimonianza lasciataci in un suo scritto, Francesco Tetrarca intendeva per “Humanitas” l’espressione che scaturiva dall’esigenza, innata nell’uomo, di rinascere e, quindi, riabilitarsi, trasformano gli errori commessi ed anche gli atti positivi in “esperienza”; utile, al pari dell’insegnamento e dello studio, alla proiezione verso il miglioramento, che accompagnava
l’ inconscia esigenza del sapere chi siamo e da dove veniamo.
L’uomo, operando, crea, nell’ambito mondano e civile, per affinare la strada alle sue future generazioni, nel pieno rispetto delle regole, non solo religiose, ma anche civile ed etiche, quindi, prosaicamente, laiche.
Molti erano già coloro che promuovevano la supremazia dell’organizzazione sociale alle necessita di una redenzione postuma, quindi, prima lo stato e poi la chiesa, il “cives” più importante del “fides”.
In quel epoca di “nuova luce” i più restii a comprendere restarono i religiosi, i quali da tempo immemorabile avevano assunto il predominio sulla gestione delle regole sociali e del comportamento umano; non sopportavano il revisionismo, favorevole ai fondamenti civici. Il “cives” mal sopportò il giogo delle comunità confessionali, che volevano ancora imporre, volendolo fare con ogni mezzo, solo ed esclusivamente la loro interpretazione, su testi da loro scelti, e basta.
In sintesi, se nella pittura o nella scultura, le raffigurazioni dell’arte sacra perdono, durante il periodo dell’Umanesimo, l’aureola della sacralità, ed anche il figlio di Dio viene rappresentato Uomo, con tutte le specifiche caratteristiche della sofferenza, quando viene rappresentato sulla croce, o della beatitudine, quando è rappresentato nella resurrezione, così come nella musica, nella letteratura ed ogni altra forma espressiva, gli eruditi, sia appartenenti al ceto religioso, o provenienti dalle altre classi sociali, iniziano un cammino verso quel movimento letterario, artistico, religioso e sociale che, anche ai giorni nostri, provoca profonde divergenze.
Ci sono stati uomini di chiesa di ogni rango, compreso tanti papi, che hanno definito la cultura, e quindi anche la ricerca, un insieme di attività e di esperienze attraverso le quali l’uomo affina e sviluppa le molteplici capacità del suo spirito e del suo corpo, al fine di venire a capo, se non riuscire a controllare, ciò che si trova a lui d’attorno, grazie al suo lavoro in seguito al quale acquisisce conoscenza. Tuttavia, negli stessi ambienti curiali, più volte si è tenuto a precisare che la spiritualizzazione e l’umanizzazione della natura sono i limiti del volere divino, oltre i quali l’uomo non deve andare, perché mai potrà raggiungere la perfezione divina.
Con l’Umanesimo prima, ed il Rinascimento poi, l’uomo prende coscienza che il sapere, cioè la cultura, è alla stregua di un bene capitale, ancorché simbolico. Nel corso dei secoli i suoi antenati lo hanno accantonato come bene prezioso, utile allo sviluppo delle genti, al loro progredire, per il miglior vivere della famiglia umana, con la massima aspirazione alla pace e alla serenità.
La cultura, pur essendo espressa al singolare ed al genere femminile, è indiscutibilmente plurale; essa è il retaggio passato, presente e futuro, dei singoli, che, vivendo e creando dentro una comunità, porta l’impronta, non solo del tempo, ma, anche, del luogo e delle abitudini, di quella comunità.
L’artista diventa tale per estro, che in lui nasce in quanto naturale, con la possibilità di affinarsi e, quindi, migliorare, grazie alle sue specifiche e peculiari capacità, vuoi individuali che collettive.
Pur vivendo nella medesima società, spesso accade che le culture possono essere diverse, per cui nascono conflitti di ogni tipo, scaturiti per far prevalere l’una anziché un’altra.
Si tratta di una seri di metodologie legate all’insegnamento e all’apprendimento, a volte predisposte, curate e classificate, da una classe dominante; oppure sorte per volontà di singoli, giunte ad affrontarsi, sovente, dietro pagamenti di pesanti tributi e sacrifici.