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“Cento foglie d’edera”: L’impegno e la fede repubblicana di Renato Traquandi

23 biografie di personalità che, con il loro pensiero, il loro impegno e  la loro fede politica,  hanno esaltato il cammino e la storia del Partito Repubblicano  Italiano.

Nel mese di dicembre sarà pronto il nuovo libro di Renato Traquandi “Cento foglie d’edera”, per i tipi  della casa editrice Book Sprint Edizioni.

Si tratta di 23 biografie di personalità che, con il loro pensiero, il loro impegno e  la loro fede politica,  hanno esaltato il cammino e la storia del Partito Repubblicano  Italiano.

Dopo  la pubblicazione di “Rodolfo Pacciardi” edita nell’aprile del 2011 e accolta con favore e interesse da un consistente numero di lettori, con la quale Traquandi ripropone gli scritti più significativi appartenenti al pensiero e all’azione del prestigioso segretario del Partito Repubblicano, il nuovo libro rende omaggio alla vita e all’opera di 23 protagonisti della storia repubblicana. Le biografie sono precedute da una puntuale analisi storica sulle vicende dell’Italia: dagli aneliti repubblicani di Giuseppe Mazzini fino alla liberazione dal  nazifascismo, al referendum del 2 e 3 giugno del 1946 che vide l’affermazione di un’Italia  repubblicana, alla cui rinascita e al cui sviluppo economico e democratico non fu estraneo il partito dell’edera. 

Nelle 23 biografie il lettore viene a contatto con figure che, per la loro cultura, la loro azione, i loro sacrifici e l’amore verso la loro patria, sembrano appartenere a secoli infinitamente lontani e ad altri pianeti, in considerazione dalla mediocrità della  classe dirigente del XXI secolo.

L’excursus muove da Giovanni Spadolini, personaggio di spicco  nel panorama  politico del XX secolo, il cui merito, stando a quanto scrive Traquandi, è soprattutto  “l’aver favorito, su più fronti, le tematiche repubblicane; lui, direttore di quotidiani, professore di università, bibliofilo, manager e politico di rango, portò nel partito e nel Paese un vincente modus operandi, fatto di profonda conoscenza della cultura, nei suoi diversi aspetti  e di padronanza della dialettica, aggiunta ad una innata inclinazione a quel approccio critico identificato con “la politica della ragione”. E passando attraverso  l’opera di spiriti colti  e fortemente patriottici dell’800, legati  agli  ideali mazziniani, da  Maurizio Quadrio ad  Alberto Mario, da Federico Campanella ad Aurelio Saffi, il “vero e unico erede di Giusepe Mazzini”, Traquandi conclude il suo lavoro con Randolfo Pacciardi: “l’unica personalità di spicco del mondo politico di allora a condurre una vera e propria battaglia contro quella che il prof. Maranini aveva definito “partitocrazia”, termine oggi assai diffuso, a voler significare il negativo aspetto assunto nella gestione della res publica, da parte di personaggi di scarso spessore culturale e sociale, che stanno trasformando la democrazia in una sorta di comitato d’affari e di consorterie parassitarie del bene pubblico e delle sue risorse”.

Chi desidera acquistare il volume ( costo E. 15) può farlo prenotandolo su Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

 

Renato Traquandi: "Pacciardi primo profeta della pochezza italiana"
Articolo di: Clelia Moscariello


Renato Traquandi è un intellettuale aretino con un passato di grande impegno politico iniziato nel 1956, quando in occasione della rivolta del popolo ungherese contro l’occupazione dell’Unione Sovietica partecipa alle manifestazioni studentesche di solidarietà nei confronti del popolo magiaro. Sul finire degli anni '60 viene in contatto, a Parigi e Perpignano dove sovente si reca in visita ad alcuni parenti francesi, con influenti esponenti del presidenzialismo ‘gollista’, del quale diventa convinto assertore studiando approfonditamente i diari stampati delle memorie del generale De Gaulle. Nel frattempo, in Italia, intorno alla prima metà degli anni sessanta, l’onorevole Randolfo Pacciardi, leader repubblicano di livello nazionale nonché leggendario comandante della brigata antifascista ‘Garibaldi’ dei fuoriusciti italiani, esce dal Pri e fonda l’Unione Democratica Nuova Repubblica, propugnando una revisione costituzionale dell’Italia in senso presidenziale. Tra i numerosi giovani che aderiscono a questo movimento politico vi fu anche Traquandi. Nel 1970, Traquandi si impegna in prima persona arrivando a ricoprire importanti incarichi di dirigente politico organizzando convegni, conferenze, dibattiti. Rappresenta l’Udnr in Sicilia, Romagna, Umbria e Toscana. Subisce in prima persona le pesanti conseguenze derivate da un’inchiesta giudiziaria del 1974, che termina con il proscioglimento pieno di tutti coloro che vi furono coinvolti dopo tanti dolorosi sospetti. Nel 1980, l’Unione Democratica Nuova Repubblica viene sciolta da Randolfo Pacciardi, in pieno accordo con i numerosi fedelissimi rimasti a lui legati, molti dei quali lo seguono quando decide di accettare la proposta di Giovanni Spadolini di prendere la tessera del Pri. Pacciardi entrò di diritto nella Direzione nazionale del Partito repubblicano fino alla morte (1991). Anche Renato Traquandi ha poi preso la tessera del Pri: dal 1980 al 1992 è stato iscritto alla sezione aretina, dove ha ricoperto incarichi dirigenziali. In seguito alle vicende di Tangentopoli e alla fine della cosiddetta ‘prima Repubblica’, mette da parte l’impegno politico e si dedica al lavoro e alla famiglia. Sollecitato da Francesco Nucara e Giorgio La Malfa, assieme ad alcuni amici torna all’impegno politico nel 2001. Attualmente, fa parte del Consiglio Nazionale del Pri. Risale al 1970 la sua prima tessera della Associazione mazziniana italiana, quando lo stesso Pacciardi lo sollecita a frequentare il professor Tramarollo, che a quei tempi ne era il prestigioso presidente. Il terzo impegno politico è l’adesione all’Associazione garibaldina, così confermando la piena convinzione negli ideali laici e democratici del Risorgimento e della democrazia italiana. Tra le iniziative da lui promosse vanno ricordate quelle del 1970 (Convegno a Firenze sul presidenzialismo); l’incontro ad Arezzo con Edgardo Sogno (1975); una serie di convegni in Toscana nel 1982, in occasione del bicentenario del ‘Tricolore’; i bicentenari delle nascite di Giuseppe Mazzini (2005) e di Giuseppe Garibaldi (2007). Ha collaborato come notista politico a ‘Nuova repubblica’ e a ‘L’Italia del popolo’, settimanali presidenzialisti che videro la luce tra il 1968 e il 1990. Oggi, suoi articoli di politica e di costume appaiono sul quotidiano ‘La Voce Repubblicana’.

Renato Traquandi, lei ha pubblicato, di recente, una biografia, edita da Albatros, dedicata a Randolfo Pacciardi: perché è importante ricordare questa figura del nostro passato? Chi è stato Randolfo Pacciardi?

“Vi sono grato per questa domanda. Nonostante l’ostracismo di cui tuttora è oggetto e iniziato dopo la rottura con la ‘casta’ di allora (siamo nel 1963), Randolfo Pacciardi rappresenta un vero e proprio punto di riferimento storico-culturale - e non soltanto politico - per tutti coloro che vorranno prendere in esame i tanti perché e i per come la nazione Italia sia arrivata laddove oggi il professor Monti dichiara risoluto: “Sull’orlo del baratro”. Gli articoli che sono riportati nel mio libro non sono che alcune delle tante riflessioni amare che Pacciardi aveva riferito e scritto in tempi non sospetti, aventi per oggetto la mancanza di senso dello Stato degli amministratori e degli amministrati del nostro ‘stivale’. Riuscire a farmi dire chi fu e che cosa ha rappresentato per me l’esperienza vissuta per decenni accanto a lui significa puntualizzare l’amarezza del mio animo laico, mazziniano, repubblicano e illuminista nel constatare la sconfitta dei princìpi che costarono la vita a Carlo Pisacane, a Ciro Menotti, ai fratelli Bandiera, a Goffredo Mameli, a Ugo Bassi e tutti gli altri numerosi patrioti, i quali mai avrebbero immaginato la loro tanto agognata Repubblica così malconcia. Comunque, per rispondere alla domanda, secondo me Pacciardi è stato un ‘faro’, una pietra miliare, una stella polare dell’impegno politico, un uomo scevro da intrallazzi e compromessi, degno di essere studiato e ricordato e non, come sta avvenendo, relegato nel dimenticatoio”.

Che ruolo dovrebbe avere oggi, secondo lei, il Pri?

Il Partito repubblicano italiano è un movimento nobile e pieno di Storia. Oggi, le distorsioni dei movimenti politici italiani attuali lo tengono in condizioni di inferiorità culturale, non consentendogli di esprimersi come vorrebbe, senza risorse finanziarie. Predicando ciò che predica, rigidità morale ed etica, i mass media lo tengono lontano dalla ribalta come una cosa superata e in fase terminale. Al Pri ci vorrebbe un nuovo Giovanni Spadolini”.

Arcangelo Ghisleri diceva che “il Pri è depositario di una dottrina culturalmente più avanzata, perciò liberatrice e antagonista, di quella marxista e di quella cattolica”: è d’accordo?

“Non solo sono d'accordo, ma approfitto della domanda per invitare chi lo desidera, oltre a leggere il mio libro, a visitare il sito www.sentierirepubblicani.it, dove è riportata la storia del Partito, con le sue tematiche e i suoi uomini. Il cattolicesimo e il marxismo sono fenomeni che si basano molto sull’emotività umana, il repubblicanesimo mazziniano, invece, sulla ragione che suscita pensiero e azione”.

Cosa si augura per l’Italia di oggi?

“Sono molto, molto, molto pessimista. I Savoia prima, il fascismo poi, i cattolici e il massimalismo socialista dopo ancora hanno prodotto il risultato di far emergere personaggi che vogliono dividere anziché unire: c’è addirittura chi rivorrebbe i Borbone a Napoli o il Papa Re, mentre nessuno vuole pagare le tasse e comportarsi da cittadino dello Stato unitario, clero e politici in testa. I giovani sono lasciati a loro stessi, senza occupazione e senza speranza. Ciò che mi auguro è che l’Europa, con le sue istituzioni, prenda in mano le redini del nostro cambiamento”.

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