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I Patti di Fratellanza
Il primo coro dell’Adelchi di Alessandro Manzoni
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Dagli atri muscosi, dai fori cadenti, dai boschi, dall’arse fucine stridenti, dai solchi bagnati di servo sudor, un volgo disperso repente si desta, intende l’orecchio, solleva la testa, percosso da nuovo crescente romor. Dai guardi dubbiosi, , dai pavidi volti, qual raggio di sole dai nuvoli folti, traluce de’ padri la fiera virtù. Nei guardi, nei volti, confuso ed incerto, si mesce e discorda lo spregio sofferto, col misero orgoglio del tempo che fu. S’aduna voglioso, si sperde tremante, per torti sentieri, con passo vagante, fra tema e desire, s’avanza e ristà. E adocchia e rimira scorata e confusa de crudi signori la turba diffusa, che fugge dai brandi, che sosta non ha. Ansanti li vede qual trepidi fere irsuti per tema le fulve criniere , le note latebre del covo cercar. E quivi, deposta l’usata minaccia, le donne superbe, con pallida faccia, i figli pensosi, pensose guatar.  E sopra i fuggenti, con avido brando, quai cani disciolti, correndo, frugando, da ritta, da manca, guerrieri venir. Con l’agile speme precorre l’evento, e sogna la fine del duro servir. Udite! Quei forti che tengono il campo, che ai vostri tiranni precludon lo scampo, son giunti da lunge, per aspri sentier. Sospeser le gioie dei prandi festosi, assursero in fretta dai blandi riposi, chiamati repente da squillo guerrier. Lasciar nelle sale del tetto natio le donne accorate, tornanti all’addio, a preghi e consigli che il pianto troncò. Han carca la fronte dei pesti cimieri, han poste le selle sui bruni corsieri, volaron sul ponte che cupo sonò. A torme, di terra passarono in terra, cantando giulive canzoni di guerra, ma i dolci castelli pensando nel cor. Per valli petrose, per balzi dirotti, vegliaron nell’arme le gelide notti, membrando i fidati colloqui d’amor. Gli oscuri perigli di stanze incresciose, per greppi senz’orma le corse affannose, il rigido impero, le fami durar. Si vider le lance calate sui petti, a canto agli scudi, rasente agli elmetti, udiron le frecce fischiando volar. . E il premio sperato sarebbe a quei forti, sarebbe, o delusi, rivolger le sorti, di un volgo straniero por fine al dolor? Tornate alle vostre superbe ruine, all’opere imbelli dell’arse officine, ai solchi bagnati di servo sudor. Il forte si mesce col vinto nemico, col nuovo signore rimane l’antico, l’un popolo e l’altro sul collo vi sta. Dividono i servi, dividon gli armenti, si posano insieme sui campi cruenti, di un volgo disperso che nome non ha.

 

Non era molto ottimista, Alessandro Manzoni, circa il sentimento di unità nazionale che però già serpeggiava nella penisola bagnata dal Mediterraneo e con al centro la città di Roma. Iniziata a scrivere intorno al 1820, quest’opera venne pubblicata nel 1822; un anno dopo, quindi, i moti del 1821, che erano costati alla popolazione parecchie decine di vittime.

Con l’adesione ai Patti di Fratellanza il popolo italiano dimostra la propria maturità civile e sociale, conseguita tramite la lotta di popolo del Risorgimento: i protagonisti dei moti, delle rivolte, delle guerre di indipendenza sono contadini, artigiani, studenti, molti sono di nobile lignaggio, seminaristi, preti e frati, molte donne, e un nutrito numero di esuli polacchi, tedeschi, greci e slavi, a cui devono essere aggiunti convinti seguaci di origine inglese.

Giovanni Spadolini, nel suo articolo nel Mondo, prosegue la disamina storica di quel periodo italiano mettendo in buona evidenza come “ la conclusione monarchica dell’unità, Il fallimento degli ultimi tentativi repubblicani negli anni settanta, l’arresto del Mazzini quello stesso anno, l’occupazione di Roma, avvenuta al di fuori di tutti gli schemi della tradizione insurrezionale e volontaristica…. Tutto impediva alle schiere mazziniane repubblicane di presentarsi nella loro veste, di assumere le loro insegne e le loro bandiere, di proclamare ufficialmente le loro finalità ed i loro obiettivi politici”.                                               

Abbiamo con precisione stabilito che questo sito si occupa di tracciare una serie di sentieri repubblicani, non avendo le possibilità e lo spazio per approfondire tutti i temi accennati; da qui nasce l’obbligo di accennare a coloro che vogliono approfondire la conoscenza degli avvenimenti che videro in Italia protagonisti democratici i Patti di Fratellanza di procurarsi presso una qualche biblioteca pubblica uno dei seguenti volumi:

-         Mazzini e Bakunin – di Nello Rosselli, che nel 1927 disegnò un rapido susseguirsi degli eventi che videro Mazzini minoritario col movimento operaio.

-         Il movimento operaio e i suoi congressi – di Gastone Manacorda, studioso che bene ricostruisce gli sviluppi dell’organizzazione operaia.

-         I repubblicani dopo l’unità – di G. Spadolini, che segnò l’inizio di una storiografia approfondita del repubblicanesimo storico italiano.

Degne di essere citate sono, di quel periodo, le prime corporazioni di mutuo soccorso e le società operaie; le prime furono ne più ne meno che una serie di accordi, messe per iscritto alla presenza di un notaio, attraverso i quali tra più persone esercenti lo stesso mestiere si delineavano le regole in comune, si fissavano reciproche garanzie, e si regolarizzavano concorrenze sleali, al fine di collocare nei mercati prodotti certi, ed a prezzi accessibili.

La mutualità, ossia il prestarsi reciprocamente assistenza in caso di malattie, danni ed altre necessità è stato un aspetto fondamentale ed importante di questa tendenza all’organizzazione delle categorie professionali, che ha avuto la più compatta manifestazione nelle corporazioni di storica memoria.

Le società operaie nascono per aiutare gli operai da poco entrati negli opifici industriali, non solo nel Nord, che, oltre ad avere lo stesso carattere di mutualità ed assistenza, saranno la base per la nascita del sindacalismo italiano, ripreso dalle Trades Unions inglesi, ma aventi caratteristiche proprie.

Le tante esigenze imposte dalle nuove scoperte scientifiche, il grande progresso culturale europeo non più solo prerogativa dei nobili e del clero grazie alla Rivoluzione Francese, e le nuove tecnologie industriali pongono tanti problemi e tanti modi di farvi fronte. Il Radicalismo, l’Anarchismo, il Socialismo e le organizzazioni cattoliche, ciascuno a modo suo, privilegia i vari aspetti dei problemi sul tappeto e le fazioni si aggiungono a le fazioni: i mazziniani convinti insistono sulla acculturazione degli operai, dei contadini, delle donne, dei salariati in genere, e sono una minoranza perché sopra ogni altra cosa pongono la revisione repubblicana dello Stato italiano. Ci sono poi i repubblicani “possibilisti” che vogliono organizzarsi politicamente e lavorare all’interno delle Istituzioni, per migliorare il giovano Stato unitario collaborando anche con la corona e con il clero, almeno quella parte disponibile a farlo nonostante il “non expedit”.

Bakunin ha molti proseliti; il socialismo si organizza, cresce e si mobilita, facendo sentire la sua presenza, in qualche caso pagata con il sangue della repressione militare monarchica, creando una vera e propria lista di eroi che lottano per una nuova causa, che non è più quella propugnata da Mazzini, Garibaldi, Mameli, Cairoli, Menotti, Pisacane eccetera eccetera.