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I Patti di Fratellanza
Il primo coro dell’Adelchi di Alessandro Manzoni
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Dal 1866 ( Congresso di Parma) al 1871 ( Congresso di Roma) le Società Operaie, le associazioni democratiche italiane, le prime Organizzazioni in Cooperative e di Fratellanza, nel lavoro e nel tessuto sociale, sostanzialmente mantengono queste tre posizioni, nei confronti del potere monarchico piemontese. Nonostante che la parte radicale della sinistra repubblicana, capeggiata dal Quadrio, da Marcora, Bezzi e Frigerio, fosse la più intransigente e la più numerosa,nell’ opporsi ad una qualsiasi forma di collaborazione con le rappresentanze istituzionali della appena costituita unità, che aveva provocato già vittime tra gli stessi monarchici, con la rivolta a Torino per il trasferimento a Firenze del Governo e la sempre discussa impresa dei bersaglieri di La Marmora a Porta Pia ( XX Settembre 1870), che aveva urtato oltremodo la sensibilità della maggioranza dei cittadini, tradizionalmente cattolici.

A Roma, il 1 novembre del 1871 si ritrovano i delegati di 135 società operaie e decine di esponenti del Mutuo Soccorso, delle Cooperative Artigiane e delle altre componenti della sinistra popolare laica italiana, tra cui alcuni gruppi di rivoluzionarismo democratico¸ vengono dalla Romagna, dalle Marche, dalla Liguria, dalla Toscana, dal Lazio, ma anche da Napoli e da Foggia, da Palermo e da Sassari. Tra di loro ci sono superstiti delle guerre di Indipendenza, ma anche esponenti delal cultura di avanguardia. Tra tutti spicca Giuseppe Mazzini nelle mani del quale si trovano la maggioranza dei fili conduttori di questa Assise romana, c’è Benedetto Cairoli tra i militari ormai fedeli alla Monarchia. Giuseppe Marcora, il quale adesso esponente di una sinistra radicale,  che diventerà addirittura il Presidente della Camera regia. Da quell’incontro scaturirono approfonditi dibattiti, al termine dei quali nascono i Patti di Fratellanza.

Giovanni Spadolini nell’aprile del 1951 aveva scritto un articolo nel settimanale “ Il mondo” dell’indimenticabile Mario Pannunzio dal titolo: Mazzini senza Mazzini. In esso il giornalista, professore universitario, direttore di quotidiani, politico e statista repubblicano scriveva degli attriti tra Mazzini e Garibaldi, acuiti nel 1860, delle opposte posizioni prese dal fronte popolare operaista e democratico che fece seguito alla conquista monarchica di Roma capitale. In quell’articolo il prof. Spadolini aveva perfettamente intuito come il messaggio repubblicano, laico e democratico, si stava disperdendo nei mille rivoli delle variegate rivendicazioni, la prima delle quali restava comunque la speranza di riscatto degli umili, dei sacrificati, degli oppressi.