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Giovanni Pico “della Mirandola”
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Giovanni Pico “della Mirandola”

“Quante molestie, ansie, affanni si trovino per ottenere il favore dei principi, per conciliarsi la benevolenza dei pari, per andare a caccia di onori; cose son queste che io meglio posso imparare da te che non insegnarti, io che fin da ragazzo ho appreso a vivere contento dei miei libri, del mio riposo e, standomene appartato, non sospiro e non cerco, fuori di me”.
Giovanni Pico “della Mirandola”  (1463 – 1494), scrive queste righe in una lettera al nipote Gianfrancesco, rendendo, in modo mirabile, piena conoscenza dello stato d’animo di un letterato di quei tempi.
Brevissimo, l’arco temporale della sua esistenza, anche se, certo, l’età media di vita di quel periodo non era certo elevata; tuttavia immortale la memoria lasciata ai posteri, anche solo considerando l’anedottica circolante tutt’oggi della sua prodigiosa memoria. Giovanni Pico è considerato un autore minore, dagli estensori della letteratura che conta, nell’eccelso girone della cultura italiana e europea.
Eppure la figura di questo letterato, presto e bene si impose all’attenzione del mondo accademico di allora, se è vero che poco prima del parto, sul letto della madre, fu visto un cerchio di fuoco, svanito quando Giovanni venne alla luce.
Chi ha immortalato l’evento ha lasciato scritto: “ forse per insinuarci che, per perfezione d’intelletto, sarebbe stato somigliantissimo alla figura orbicolare colui che in quella stessa ora nascesse tra i mortali, degno di essere celebrato per l’eccellenza della sua fama, in tutto il globo terrestre”.
Il giovane Pico non si adatta all’uso delle armi o alla amministrazione dello stato, come, magari, vorrebbe la famiglia; per cui egli si reca aBologna, per studiare Diritto.
Da Bologna, dove resta, dal 1477 al 1478, Pico si reca a Ferrara, accettando l’invito del duca d’Este, di trasferirsi alla sua corte, come precettore.
La città di Ferrara, nella quale la famiglia d?este esercita una signoria illuminata, è, culturalmente, molto vivace, con personaggi le cui opere sono arrivate sino a noi.
Successivamente, il rampollo della famiglia Pico, si trasferisce a Padova, sede di una prestigiosa Università.
In quella scuola Pico della Mirandola perfeziona gli studi filosofici su Aristotele e Averroè, studioso e scienziato considerato un particolarissimo interprete della filosofia aristotelica.
Grazie ad uno dei suoi maestri patavini, Pico studia e traduce  dall’ebraico al latino, all’italiano, testi fondamentali ed importanti, proseguendo il suo destino di viaggiatore, di città in città.
Nel 1482 da Padova si reca a Pavia, dove approfondisce gli studi della lingua greca ed inizia quelli che lo renderanno maggiormente famoso: la filosofia e la logica, in matematica.
Nel 1484 si stabilisce a Firenze, dove stringe amicizia con Angelo Poliziano e Marsilio Ficino.
Nel particolare ambiente fiorentino, ricco di talenti di ogni genere e di maestri di rilevata importanza, Pico della Mirandola concretizza al meglio la sua formazione umanistica scrivendo: “ In Platone ritrovo due cose. Una omerica eloquenza che si eleva su ogni altra espressione prosaica ed una somiglianza di pensiero con Aristotele, specie se il confronto viene fatto da un più elevato punto di vista. Infatti, se ci si ferma alle parole, tra i due non vi è nulla di più contrario; ma se si va al senso,  ci si accorge che nulla vi è di più affine, tra i loro pensieri”.
Un altro importante punto di vista è attribuito a Pico della Mirandola.
Egli sostiene, difendendo con forza questa sua affermazione, che il valore delle elaborazioni filosofiche speculative resta solido e intatto, anche se è espresso con linguaggio poco raffinato; mentre non vi è verità o ragione, ancorché espresse con eloquio elegante e stilisticamente ineccepibile, che possa avvicinarsi al perfetto, completando il concetto “cusaniano” della “dotta ignoranza”.
Subito dopo il periodo fiorentino il filosofo e matematico mirandolese soggiornò a Parigi, dove ebbe la possibilità di partecipare alle lezioni in Sorbona e di approfondire gli studi sull’averroismo.